Un pubblico “No”
La guerra che si è riaccesa fra Israele e Palestina ha cause storiche remote, che dipendono da eventi geopolitici iniziati dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Come in ogni conflitto, ad alimentarlo ci sono anche interessi e rapporti economico-commerciali. Ciò nonostante, l’informazione di questi giorni è per lo più concentrata su questioni collegate alla cultura religiosa, che alimentano la propaganda sul conflitto. La semplificazione informativa fatta dai media è chiara e visibile: da una parte ci sono i Palestinesi islamici e dall’altra gli Israeliani giudei. Questa riduzione non è completamente falsa, ma lo diventa nel momento in cui induce a credere che la guerra in atto sia solo questione di scontro di due civiltà su base religiosa. In questo scontro bisognerebbe perciò posizionarsi o favore di una parte o a favore dell’altra.
Certamente, far credere questo è lo scopo di Hamas. E, altrettanto certamente, far credere questo permette, ahimè, agli Israeliani di giustificare le loro rappresaglie nella Striscia di Gaza. Perciò, suggerisco due pensieri per tentare di scardinare questa semplificazione mediatica. Il primo, lo dedico ad alcuni amici islamici che so essere persone pacifiche. Questo è il suggerimento: anche se difficile, dobbiamo sforzarci tutti di pensare che il conflitto fra Israele e Palestina non è la guerra fra gli ebrei (e cristiani) occidentali e i mussulmani medio-orientali. I due popoli non si identificano con le due religioni, anche se questo modo di intendere è quello che ci viene per lo più suggerito e che, quindi, risulta più automatico, facile e comodo.
Per decostruire questa superficiale schematizzazione delle cose mi permetto un esempio. Durante il ventennio fascista, non tutti i fascisti erano cristiani cattolici, nonostante questo volesse esser fatto credere dal regime. Esistevano fascisti atei, così come esistevano italiani anti-fascisti cattolici. In altre parole: il Cattolicesimo non si identificava con il regime politico dittatoriale, né con la totalità del popolo italiano. Direi che lo stesso varrebbe oggi anche per Hamas. Sebbene questa organizzazione terroristica voglia far credere ai fedeli islamici che tutto il mondo islamico è sotto attacco in questi giorni, è bene ricordare che non tutti i Palestinesi sono mussulmani e che non esiste un modo di essere islamici identico in tutto il pianeta. Perciò, così come molti cattolici dissero di no al Fascismo, io spero che sia possibile per gli islamici italiani di oggi dire il loro “no” pubblico al terrorismo. Si può e si deve essere islamici senza appoggiare il terrorismo. “Dio è Misericordia e Compassione”: così inizia ogni capitolo (tranne uno) del Corano.
Allo stesso modo – e questo è il mio secondo pensiero – se avessi amici Israeliani cercherei di far loro comprendere che non si trovano oggi nelle stesse condizioni storiche della Shoah. Non credo che, in questo momento, sia possibile istituire un paragone fra gli orrori subiti dagli ebrei ad Auschwitz e l’indebito attacco di Hamas dei giorni scorsi. Men che meno, ritengo saggio utilizzare questo orribile e raccapricciante paragone (che ho sentito esprimere durante un talk show alla Tv) per fomentare la legittima invasione della Striscia di Gaza. Perciò, a tutti i miei fratelli maggiori nella fede direi col cuore: la Shoah deve insegnare a rinunciare alla guerra e ai suoi orrori, non a giustificarla. Altrimenti quella triste pagina della nostra tragica storia comune non ha nulla da testimoniare a chi, come noi in occidente, crede nella democrazia e cerca di promuoverla nella convivenza quotidiana prima ancora di difenderla legittimamente dal terrorismo.
2 pensieri riguardo “Un pubblico “No””
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Prendo lo spunto da un libro: “Ogni mattina a Jenin”, scritto da Susan Abulhawa, per intervenire sulla questione. Innanzitutto, ritengo un errore, e, quindi, concordo su ció, tentare di giustificare questa fiammata della “questione palestinese” come uno scontro di religione. Anche se l’aspetto religioso ha la sua importanza, non tanto per la contrapposizione di diverse idee religiose (Maometto contro Gesù, per semplificare) ma perché quella cattolico-ebrea è inquadrata nel mondo culturale ed economico occidentale che, da Vasco de Gama, vuole subordinare tutto il resto del mondo, in particolare, quello arabo. Allo stesso modo, la circostanza che il popolo ebraico abbia patito la Shoah, non può diventare la giustificazione delle azioni repressive poste in atto da Israele contro i Palestinesi: non sono certamente questi ultimi responsabili dell’Olocausto, ma i Tedeschi (peraltro aiutati in ció da italiani, francesi, uvraini, ecc.). Esiste un “peccato originale”, commesso dalla allora Società delle Nazioni, al termine del protettorato inglese sulla Palestina: i palestinesi sono stati violentemente estromessi dalle loro terre. Quello che inizialmente doveva essere accoglienza e integrazione dopo gli orrori della guerra è diventato odio e violenza. Per fare un’analogia, non vi sembra giustificato, dal punto di vista tedesco, che un partigiano italiano fosse considerato un “terrorista” (allora non si usava questo termine)? I tedeschi non avevano invaso l’Italia ma si trovano qui in forza di un’alleanza militare per supportare lo scassato esercito italiano: ma di quale lotta di liberazione parliamo? Oggi definiamo Hamas una organizzazione terroristica che non rappresenta il popolo palestinese (che invece sarebbe rappresentato dall’Autorità Nazionale Palestinese, con sede in Cisgiordania e non nella Striscia di Gaza), ma io mi chiedo se il Partigiani italiani (meno di 300.000 su 40 milioni di italiani) rappresentassero davvero l’Italia!? In realtà, se si vince si usano i termini “partigiano” o “patriota”, se invece si perde si resta “terrorista”. Con questo non intendo giustificare la recente deprecabile azione terroristica di Hamas che ha dato fuoco alle polveri, ma nemmeno la reazione israeliana con la quale sono stati colpiti innumerevoli civili, anziani, donne e bambini innocenti: finora un numero dieci volte superiore rispetto a quello dei sequestrati (ci scandalizziamo solo per quelli ucraini!). Mi auguro che la paventata azione di terra dell’esercito israeliano non avvenga e che, una volta tanto la diplomazia internazionale, colpevole di non aver mai saputo risolvere questa questione, sappia imporre una tregua, altrimenti sarà una carneficina di civili (non sarebbe esercito contro esercito, perché i palestinesi non ce l’hanno un esercito) cui seguirà una spirale di odio e attentati che ci coinvolgerà tutti, a prescindere dalle nostre religioni che, tutte, predicano la pace e l’amore.
Grazie Lorenzo dell’opinione sobria ed equilibrata da te regalata a tutti noi, che permette di considerare la tragica realtà dei fatti, evitando di entrare nella logica degli uni contro gli altri solo per ragioni religiose.