Anche le scimmie bullizzano?

Di Luciano Pace.

Siamo abituati a pensare di esser scimmie evolute. Tanto che ci è quasi impossibile credere il contrario. Ma è proprio così? La selezione naturale è l’unica spiegazione possibile e vera di ciò che siamo e del modo in cui ci comportiamo?

Un po’ di notti fa non riuscivo a dormire. Per me è un evento abbastanza raro. Sta di fatto che, fra un po’ di rotolate a destra e a sinistra nel letto, decido di accendere la tv. Come per molti che altri che conosco, la tv può fare da ninna-nanna quando il sonno tarda a giungere. Come di consueto compare il canale “Focus”. Stanno dando un documentario su un tipo di scimmie di cui ora non ricordo la tipologia.  Erano scimmie piccole, simili ai lemuri per corporatura e agli scimpanzé nei tratti del volto. Il colore del pelo ocra e le classiche chiappette rosee scoperte. Ascolto il racconto del conduttore e comprendo che si tratta di un clan familiare, dentro cui è nato un piccolo cucciolo albino, nominato Bernie.  

Poiché era bianco in un mondo di “ocrensi”, ovviamente era reso oggetto di scherno da parte dei suoi amici scimmieschi. Anzi, il narratore stesso, lo definì “bullizzato”. Nelle scene del documentario si poteva, infatti, notare benissimo come i cuccioli di scimmia “normali” continuavano a fargli dispetti e a tenerlo lontano dal giocare insieme a loro. Come è immaginabile, tutto questo accadeva nella più completa indifferenza degli adulti, così presi a spulciarsi a vicenda, senza badare ai loro marmocchi indisciplinati.  

Tranne la madre di Bernie, poveretta: continuamente intenta a correr dietro al suo figliolo, per salvarlo dalle ingiustizie subite a motivo del colore del suo pelo. È naturale: per un genitore chi ha qualche anomalia o viene “riparato” o viene oltremodo tutelato. Le società, anche in natura, fanno fatica ad accettare chi è oggettivamente diverso. Vale in una foresta, così come in una città.

Oltre a ciò, sta povera mamma non solo dai bulli doveva guardarsi! Un altro pericolo incombeva sulla sua scimmietta albina: le mamme di altre scimmie tentavano di rubarle il cucciolo. Sì, sì: è proprio così. Mentre i compagni di giochi lo vessavano o lo isolavano, le mamme di questi mascalzoni cercavano di sequestrarlo. Probabilmente l’avranno trovato strano… in senso buono. Una specie di stravaganza della natura, da conquistare per aumentare il proprio prestigio nel clan o per divertimento.

Era meraviglioso osservare come la mamma di Bernie andava ogni volta a riprenderselo dopo ogni tentativo di sequestro. E, a ciò che si poteva intendere, non ci andava tanto per il sottile. Quando una stolta presuntuosa non voleva restituirglielo, la prendeva letteralmente a sberle, finché lo lasciava andare. Segno evidente che non ogni forma di violenza, sebbene spiacevole, risulta sbagliata. Comunque, per farla breve: dopo tutte le sue traversie, Bernie sopravvive insieme a sua madre. Documentario a lieto fine – ho pensato. Veniamo ora a qualche pensiero sortomi a seguito di quanto visto e ascoltato.  

Fin da piccolo mi hanno insegnato che dovevo pensare a noi esseri umani come a delle scimmie, un poco più evolute. Mi dicevano che dovevo credere così, perché la scienza evolutiva lo affermava. Ovviamente, come tutti i cuccioli d’uomo, l’ho creduto per molto tempo senza stare a pensarci troppo. Prima si crede, poi si pensa: ogni amante dell’uso della ragione sa questa semplice regola. Oggi, dopo la visione di questo documentario, mi verrebbe da dire che, se siamo scimmie, per certi versi siamo rimaste tali. Non è raro, infatti, incontrare nei corridoi scolastici studenti simili allo sfortunato Bernie e ai suoi compagni filibustieri. Non è così inconsueto, nemmeno, trovare genitori distratti e mamme iperprotettive. Perciò: non sarà che le dinamiche del bullismo siano in effetti un retaggio della nostra mera animalità scimmiesca?  

Se così fosse, non varrebbe la pena togliere l’aggettivo “evoluta” quando si pensa l’umanità come sviluppo di questa animalità? Infondo, il documentario sembra comunicare proprio questo: il bullismo subito da Bernie è la dimostrazione che, in natura, non c’è stata nessuna evoluzione propriamente umana. Abbiamo solo cambiato ambiente: dalla giungla, alle aule scolastiche. Ma tutto è ancora uguale. Vince chi è prepotente: così vanno le cose e sempre andranno in natura, sia per le scimmie sia per noi che da esse deriviamo. Lo mostra la scienza! 

Se qualche lettore condividesse questa prima interpretazione, lo invito a prendere in considerazione anche quest’altra. La cura, la premura, l’affetto, il desiderio di giustizia e il senso di protezione della mamma di Bernie che cosa sono in questo ingiusto sistema di prepotenza naturale? Da dove vengono? Non è che in quella madre ci siano germi di vera umanità nel suo modo di agire verso il figlio? 

Perché, vedi, caro lettore che sei giunto fino a questo punto dell’articolo, non potremmo pensare diversamente dall’evoluzionismo a cui ci hanno abituato a credere ciecamente fin da piccoli? La filosofia evoluzionista è l’unica a cui dobbiamo dare credito esistenziale? Non possiamo affatto immaginare che sia l’umanità in potenza ad esser già presente nelle scimmie – nei mammiferi in genere, forse –, piuttosto che essere noi derivati per adattamento casuale e selezione naturale da esse? La mamma di Bernie chi è? Sostiamo nel riflettere: è una donna non evoluta o il germe di una possibile umanità genitoriale? È proprio impossibile pensare che in essa siano segnalati i semi potenziali di un’umanità di cui ciascuno di noi è espressione per essenza propria e specifica rispetto a lei? 

Non ti pare? Ebbene: in un cane domestico, che abbassa le orecchie in segno di scuse mentre gli diamo una lavata di capo; in un gatto che ci seduce con fusa e miagolii per ottenere qualche crocchetta in più del dovuto; in un gruppo di gnu che fa cerchio intorno ad un loro cucciolo per difenderlo dai leoni; foss’anche nei felini che uccidono solo per nutrirsi e non per vendetta o sadismo… In tutti questi casi e in molti altri, non sono forse gli animali che mostrano e dimostrano nei fatti che cosa potremmo essere noi umani se solo lo volessimo? Non risplende per analogia nei loro comportamenti quella “umanità” che a noi appartiene di diritto e di cui noi siamo (o dovremmo essere) consapevoli pienamente rispetto a loro? 

Forse, quindi, non è necessario impiegare l’evoluzionismo darwiniano come scusa psicologica per giustificare il male di cui siamo capaci! Bernie, sua madre, i suoi amici, le altre mamme sono ciascuno di noi. Ma non lo sanno. Noi, invece, lo sappiamo che siamo per certi versi come loro, sia nel bene, sia nel male. Smettiamola di far finta di niente in nome di una fede scientifica che ci hanno trasmesso fin da bambini come un dogma indiscutibile. Convinciamoci ad esser più umani dell’umanesimo scimmiesco, soprattutto in famiglia, nelle aule di scuola, nelle palestre, sul posto di lavoro, ecc… Sennò l’esempio della mamma di Bernie è sprecato, insieme a queste parole di un inusuale insonne.

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