Dal vino al Divino
Una videolezione che invita ad interrogarsi intorno al significato sacramentale e spirituale del vino nella tradizione di fede cristiana. L’occasione per registrarla è stata una buona conversazione con un amico enologo cattolico, dedicata a queste domande emergenti dai Vangeli: quando si può dire che un vino è “nuovo”? E che cosa significa che l’Alleanza con Dio, indicata da Gesù nel calice del suo vino/sangue sacrificale, è “Nuova ed Eterna”? Come può essere “Nuova” se è “Eterna”, ovvero immutabile?
3 pensieri riguardo “Dal vino al Divino”
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Carissimo Luciano,
ho visto il tuo ultimo video sul vino nuovo. Alcuni spunti sono molto interessante, altri problematici. Mi riferisco, in particolare, alla Nuova ed Eterna Alleanza, il cui instaurarsi porta a compimento l’Antica. Qui nuova ed eterna non sono mai in contraddizione, anche a partire dal significato linguistico di nuovo ed eterno. Mi spiego, l’Alleanza è eterna ex parte Dei, mentre è nuova per gli uomini caduti nel peccato originale e redenti proprio dal sangue dell’agnello, “immolato fin dalla creazione del mondo” (Apoc. 13, 8).
In questo caso, dare il senso di buona a nuova non spiega il fatto che l’Antica Alleanza non c’è più, che ha cessato di esistere al suo compimento, lasciando il posto a quella Eterna e Nuova di cui era la prefigurazione.
Nella Somma Teologica, san Tommaso indica due volte il principio in base al quale si può concludere che l’Antica Alleanza doveva cessare con la venuta di Cristo. Da un lato, infatti, osservare i riti della Legge ebraica dopo Cristo, professando che Cristo non è venuto, equivale a professare esternamente ciò che nega la vera fede interiore e questo è un peccato mortale contro la fede.
D’altro lato, un culto i cui simboli sono in contrasto con la realtà significata, costituisce una sorta di superstizione, vizio contrario alla virtù della religione e tale è ora il caso dell’Antica Alleanza, il cui simbolismo considera il mistero di Cristo come futuro.
Pertanto, aderire oggi all’Antica Alleanza equivale al rifiuto di Cristo e della sua redenzione.
Questo non significa abbracciare l’eresia marcionita, secondo la quale l’Antico Testamento è cattivo di per sé ed il suo Dio non è quello del Nuovo Testamento. L’Abate Ricciotti ci ammonisce: “Se, buttate via la prima e la più antica parte della Bibbia, non avete nessun diritto di conservare la sua seconda parte”.
In sostanza, l’interpretazione vino nuovo = vino buono, come quello delle annate precedenti riferita alla Nuova ed Eterna Alleanza nei confronti dell’Antica, può dare adito ad equivoci.
Potremmo, forse, dire che l’Antica Alleanza è paragonabile al mosto da cui è sorto il vino nuovo e buono…
Ciao Andrea
Caro Andrea,
le tue parole sono sempre da stimolo a riflettere e, quindi, offro volentieri qualche chiarimento. San Tommaso d’Aquino sviluppa il rapporto esistente fra la Legge Antica e quella Nuova nella Prima Parte della Seconda Parte della sua “Somma Teologica” (I-II, qq. 98-108). Il criterio da lui usato per esporre teologicamente tale rapporto è alquanto semplice: l’Alleanza (o Legge) Antica è buona, ma imperfetta, incompleta. La Nuova Legge è il compimento definitivo dell’Antica. Rispetto a quanto da te segnalato, mi permetto alcune notazioni.
1. La tua precisazione in merito al Marcionismo aiuta a non confondere l’Antica Scrittura con la Legge Antica; infatti l’Antico Testamento biblico è solo l’attestazione scritta dell’Antica Legge. In questo senso, in effetti, nel mio video questa distinzione non era ben chiara.
2. L’Antica Alleanza, secondo san Tommaso d’Aquino, era espressione di due distinte tipologie di prescrizioni: I Precetti del Decalogo (la Legge Mosaica) da una parte e gli usi e costumi liturgici dei Leviti dall’altra.
a) Per quanto riguarda i Precetti del Decalogo, l’Alleanza era imperfetta solo per estensione (non riguardava ogni uomo, ma solo il popolo d’Israele), per efficacia salvifica (non poteva da sola giustificare l’uomo peccatore) e per contesto di applicazione (non era vissuta nell’amore divino dato per Sua Grazia, cioè la Carità). Tuttavia, era buona in sé stessa in quanto alla finalità che perseguiva (l’alleanza dell’uomo con Dio per la sua salvezza) e rispetto al suo contenuto (la materia dei Precetti divini). Se si tiene conto di questo, l’analogia proposta da me nel video, riguardante il vino dato prima a pochi sorseggiatori e poi in piena abbondanza ad ogni uomo in Cristo nella vera gioia collegata alla Carità, non mi pare problematica. E questo, in effetti, era il mio intento comunicativo.
b) Per quanto riguarda, invece, le norme liturgiche, dici bene nel far presente che san Tommaso indicava l’Antica Alleanza come imperfetta in quanto “prefigurazione”, “simbolo”, valido solo in attesa della Nuova ed Eterna in Cristo. Perciò, da quando quella Nuova è stata donata nell’Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo, l’Antica non ha più motivo di esistere. Qui, il vino nuovo, sostituisce il vecchio mosto. Questo, in sintesi, spiega il motivo per cui, nonostante il sacerdozio cristiano non sia assimilabile a quello dei Leviti del popolo d’Israele, i Precetti divini per ogni cristiano sono rimasti quelli di Mosè.
Grazie a te.
Luciano.
Caro Luciano,
ti ringrazio del chiarimento e ne approfitto per un confronto significativo tra il Sacrificio eucaristico della Messa ed i riti dell’Antica alleanza.
Da questo estratto del Catechismo sul culto divino di Mons. Gaume, si potrà notare la perfetta logica del compimento, per quanto concerne il tema sacrificio-comunione, dell’Antico Israele mosaico nel Nuovo Israele cattolico (che assume in se stesso e rimpiazza il precedente).
D. Quante sorte di sacrifici erano presso gli ebrei?
R. Gli ebrei avevano quattro sorte di sacrifici: 1. l’olocausto, ove la vittima era consumata dal fuoco: si offriva per adorare Dio; 2. il sacrificio pacifico, per ringraziarlo; 3. il sacrificio propiziatorio, per espiare il peccato ; 4. il sacrificio impetratorio, per domandare la grazia di Dio.
D. Cosa accompagnava sempre questi sacrifici?
R. La comunione accompagnava sempre questi sacrifici. In tutti, i fedeli ed i preti mangiavano della carne della vittima, e ciò era una specie di comunione con Dio per mezzo delle carni che gli erano immolate. Nell’olocausto, in cui tutta l’intera vittima era bruciata, si offriva una focaccia onde vi fosse qualcosa a mangiare.
Ciao
Andrea