Con la mente sempre aperta!

Di Luciano Pace.
Stimolato da un’idea dell’amico e collega Enrico, si propongono di seguito alcuni scorci di discorsi di papa Francesco dedicati all’educazione scolastica ed, in particolare, al ruolo dell’insegnante e dello studente. In questi giorni in cui il Santo Padre è morto, possano essere di ispirazione per tutti noi che, ogni giorno, siamo chiamati a tentare di realizzare questa importante professione, missione, vocazione.
«Gli insegnanti sono i primi che devono rimanere aperti alla realtà – ho sentito le testimonianze dei vostri insegnanti; mi ha fatto piacere sentirli tanto aperti alla realtà – con la mente sempre aperta a imparare! Perché se un insegnante non è aperto a imparare, non è un buon insegnante, e non è nemmeno interessante; i ragazzi capiscono, hanno “fiuto”, e sono attratti dai professori che hanno un pensiero aperto, “incompiuto”, che cercano un “di più”, e così contagiano questo atteggiamento agli studenti. Questo è uno dei motivi perché io amo la scuola» (dal Discorso al mondo della scuola, del 10 maggio 2014).
«Il dovere di un buon insegnante – a maggior ragione di un insegnante cristiano – è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati. Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? E ce ne sono alcuni che fanno perdere la pazienza, ma quelli dobbiamo amarli di più! Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti. A voi chiedo di amare di più gli studenti “difficili”, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili, gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola. […] In una società che fatica a trovare punti di riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo. Essa può esserlo o diventarlo se al suo interno ci sono insegnanti capaci di dare un senso alla scuola, allo studio e alla cultura, senza ridurre tutto alla sola trasmissione di conoscenze tecniche ma puntando a costruire una relazione educativa con ciascuno studente, che deve sentirsi accolto ed amato per quello che è, con tutti i suoi limiti e le sue potenzialità. In questa direzione il vostro compito è quanto mai necessario» (dall’Udienza ai Membri dell’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi, del 14 marzo 2015).
«Questa, direi, è la sfida dell’università: far incontrare questi due orizzonti, quello del mondo e quello personale, perché possano dialogare, e da questo dialogo venga una crescita di umanità. Una crescita anzitutto della persona stessa dello studente, che si forma, matura in conoscenza e libertà, nella capacità di pensare e di agire, di partecipare in modo critico e creativo alla vita sociale e civile, con una propria competenza culturale e professionale. Mi vengono in mente le riflessioni di San John Henry Newman sull’università, là dove scrive che nell’ambiente universitario il giovane “Si forma un abito mentale che dura tutta la vita, i cui attributi sono la libertà, l’equità, la calma, la moderazione e la saggezza”, e aggiunge: “Indicherei questo come il frutto specifico dell’istruzione fornita dall’università, se confrontata con altri luoghi o modi di insegnamento, e questo è il principale scopo di una università nella sua cura degli studenti” (dall’Udienza agli studenti e docenti dell’Università di Macerata, del 09 maggio 2022).
«La presenza di educatori cristiani nel mondo della scuola è di vitale importanza. E decisivo lo stile che egli o ella assume. L’educatore cristiano infatti è chiamato ad essere nello stesso tempo pienamente umano e pienamente cristiano. Non c’è umanesimo senza cristianesimo. E non c’è cristianesimo senza umanesimo. Non dev’essere spiritualista, in orbita, “fuori dal mondo”. Dev’essere radicato nel presente, nel suo tempo, nella sua cultura. È importante che la sua personalità sia ricca, aperta, capace di stabilire relazioni sincere con gli studenti, di capire le loro esigenze più profonde, le loro domande, le loro paure, i loro sogni. E che sia anche capace di testimoniare – anzitutto con la vita e anche con le parole – che la fede cristiana abbraccia tutto l’umano, tutto, che porta luce e verità in ogni ambito dell’esistenza, senza escludere niente, senza tagliare le ali ai sogni dei giovani, senza impoverire le loro aspirazioni» (dal Discorso ai partecipanti all’Assemblea Generale dell’Unione Mondiale degli Insegnanti Cattolici, del 12 novembre 2022).
«Formare è soprattutto cura della persona e quindi discreta, preziosa, e delicata azione di carità. Altrimenti l’azione formativa si trasforma in arido intellettualismo o perverso narcisismo, una vera e propria concupiscenza spirituale dove gli altri esistono solo come spettatori plaudenti, scatole da riempire con l’ego di chi insegna. Mi hanno raccontato una storia interessante, di un professore che una mattina trovò vuota l’aula dove teneva le sue lezioni. Era sempre così concentrato che si accorse che non c’era nessuno solo dopo essere arrivato alla cattedra. E l’aula era molto grande e ci volevano non pochi passi per arrivare a quello che sembrava un “trono dottorale”. Quando ebbe l’evidenza del vuoto, si determinò a uscire per chiedere al bidello cosa fosse accaduto. Quell’uomo, che era stato sempre in soggezione, sembrava diverso, più spigliato… Quando gli indicò il cartello che era stato affisso sulla porta dopo che era entrato, c’era scritto: “Aula occupata dall’Ego smisurato. Nessun posto libero”. Uno scherzo degli studenti durante il Sessantotto del secolo scorso» (dal Discorso all’Incontro con la Comunità Accademica della Pontificia Università Gregoriana, del 5 novembre 2024).
«Pensate alle persone che incontrate a scuola, ragazzi e adulti: “Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé” (Spes non confundit, 1). Queste speranze umane, attraverso ciascuno di voi, possono incontrare la speranza cristiana, la speranza che nasce dalla fede e vive nella carità. E non dimentichiamo: la speranza non delude. L’ottimismo delude, ma la speranza non delude. Una speranza che supera ogni desiderio umano, perché apre le menti e i cuori sulla vita e sulla bellezza eterna. La scuola ha bisogno di questo! Sentitevi chiamati a elaborare e trasmettere una nuova cultura, fondata sull’incontro tra le generazioni, sull’inclusione, sul discernimento del vero, del buono e del bello; una cultura della responsabilità, personale e collettiva, per affrontare le sfide globali come le crisi ambientali, sociali ed economiche, e la grande sfida della pace. A scuola voi potete “immaginare la pace”, ossia porre le basi di un mondo più giusto e fraterno, con il contributo di tutte le discipline e con la creatività dei bambini e dei giovani (dal Discorso all’Associazione Italiana Maestri Cattolici; all’Unione Cattolica Italiana Insegnanti, Dirigenti, Educatori, Formatori; all’Associazione Genitori Scuole Cattoliche, del 4 gennaio 2025).
.