Gioia e felicità

C”è una bella differenza fra gioia e felicità. Dove risiede questa differenza? Come spesso succede, l’etimologia delle parole è di aiuto. L’aggettivo “felice” deriva dal verbo greco “Phyo” che significa “produrre”, ma nel senso specifico di “rendere fecondo” ciò che si opera. Perciò, si sente felice colui che porta a frutto qualcosa che è opera del suo ingegno, delle sue mani, del suo sacrificio. La felicità appartiene, per esempio, agli studenti diligenti che sanno quanto siano meritati i loro voti positivi.
La parola “gioia”, invece, deriva dal latino “gaudium“, che segnala l’allegria tipica del gioco, quindi un sentimento scollegato da azioni finalizzate al raggiungimento di scopi produttivi. Per questo, la gioia viene sperimentata più come dono inatteso e non meritato, ma che comunque dona allegria e beatitudine.
Tutti noi sperimentiamo nell’arco della vita sia momenti di gioia, sia attimi di felicità. Certamente, è indicativo che la fede cristiana, quando ha voluto indicare gli effetti del “Regno di Dio” nella vita umana, abbia scelto la gioia e non la felicità. Dio, se così si può dire, non è un obiettivo a cui noi uomini possiamo tendere con le nostre sole forze. Egli non è ad immagine dei nostri pensieri e dei nostri desideri. È un dono che ci viene regalato nella vita, se solo siamo in grado di accoglierLo. Una buona notizia di gioia che squarcia il velo di un mondo spesso cupo e tetro.