Un dono di Dio
Nella ricorrenza della nascita di John Ronald Reuel Tolkien (3 gennaio 1892), giorno nel quale tutti gli appassionati della sua opera letteraria hanno l’usanza di alzare il calice alle 21:00 in suo onore, ho pensato di condividere un brano antologico tratto dal volume di C.S Kilby dal titolo “Tolkien e il Silmarillion“. In esso l’autore ricorda che cosa abbia significato per Tolkien scrivere le sue opere ed, in particolare, “Il Signore degli Anelli“. Dedico queste parole a tutti coloro che sono ancora scettici nel considerare lo stretto legame che per Tolkien esisteva fra la sua fede cristiano cattolica e la sua arte di scrittore.
MI disse che scriveva Il Signore degli Anelli da ormai quattordici anni e aggiunse che lo aveva battuto a macchina da solo, apportandovi molte modifiche e usando solo tre dita, proprio nella stanza in cui ci trovavamo. Gli chiesi in che modo Lo Hobbit si ricollegasse al Signore degli Anelli e se aveva avuto l’idea di questo secondo libro mentre scriveva il primo. Prontamente, obiettò che le cose non stavano così. Le storie erano nate, disse, ognuna in un’orbita propria e nessuna delle due era necessariamente conseguenza dell’altra. Ammise poi che il manoscritto del Signore degli Anelli era stato venduto, tramite il suo agente, alla Marquette University, perché “ricevendo una pensione misera” aveva bisogno di soldi (Venni più tardi a sapere dalla Marquette che i manoscritti formavano una pila alta sette piedi).
Gli chiesi che metodo usasse per inventare le centinaia di nomi dei personaggi e dei luoghi ed egli disse che applicava un sistema “matematico”. Voleva dire, suppongo, che le sue invenzioni, comprese le lingue elfiche, non derivavano semplicemente dalla sua fantasia, ma anche dalla sua conoscenza professionale dell’origine e dello sviluppo delle lingue stesse e, in particolare, dalla sua esperienza con i mondi della mitologia nordica, teutonica e celtica. Era poi conscio che la sua opera narrativa aveva un significato e un’origine ancora più profondi. Disse che un deputato, una volta che era nella stanza in cui ci trovavamo, aveva dichiarato: “Non è stato lei a scrivere Il Signore degli Anelli“, intendendo che gli era stato donato da Dio. Era chiaro che quell’osservazione gli stava molto a cuore.
Gli chiesi perché non fosse mai venuto in America. Mi disse che, molto prima di conoscerci, la Marquette University lo aveva invitato per offrirgli una laurea honoris causa ma che, dopo aver comprato i biglietti della nave, una malattia della moglie gli aveva impedito di partire. Mentre mi preparavo a congedarmi, parlò di quando aveva ricevuto una lettera da un uomo di Londra che si chiamava Sam Gamgee. Gli chiesi come aveva risposto e lui disse che aveva scritto che ciò che temeva davvero era ricevere una qualche comunicazione da S. Gollum.
Brano tratto da C.S Kilby, Tolkien e il Silmarillion (tr. dall’Inglese), L’Arco e la Corte, Bari, 2022, pag.33-34.